Ieri
è stata una giornata ricca di opposti: ci sono stati la pioggia e il sole, il
caldo della condivisione e il freddo delle cantine, il pane nero e il vino
bianco, il rumore dell’incitamento e il silenzio del riposo.
Sono partita
visitando la nuova Cantina del Tenimento dell’Ör a Genestrerio, che è
strepitosa, considerando poi che non erano messi così male nemmeno ad Arzo. La
nuova costruzione è moderna, lineare, tecnologica e funzionale, inserita in un
contesto naturalistico esclusivo, da cui si gode una vista sul Mendrisiotto che
farebbe invecchiare bene anche le persone, non solo il vino. A chi teme manchi
l’atmosfera e il calore delle cantine tradizionali dovrà fare quattro
chiacchiere con il proprietario: il Signor Perler. Secondo lui per fare un buon
vino sono necessarie almeno tre vite intere e, credendo nella reincarnazione, dichiara
di non essere impaziente (dimostrando così di essere persino modesto). La nuova
costruzione è stata voluta e ideata da lui: “Non per fare del teatro – ha
ammesso – ma per fare del buon vino”. Infatti il suo cambiamento non è stato
voluto per assecondare la moda delle Cantine d’autore, ma per assecondare il
bisogno del vino in tutti i suoi delicati passaggi, dalla raccolta alla
spedizione. Il compito di suggellare il successo delle sue intuizioni e
passioni è affidato naturalmente ai vini da lui creati e, guardando i volti
delle persone intente a degustare, direi proprio che ci è riuscito.
(La
manifestazione Cantine Aperte termina questa sera alle 18. Programma e
informazioni su www.ticinowine.ch)
Passiamo
al Palio degli asini di Mendrisio. Quando sono arrivata l’atmosfera di Piazza
del Ponte era bollente, e non certo per la temperatura dell’aria. Si stavano
svolgendo gli ultimi giochi prima del Palio e la lotta per il primo posto era
serratissima. All’arrivo dei fantini è calato nell’arena un silenzio rispettoso,
a cui è seguito un vociare sommesso all’entrata in campo degli asinelli. Le
inferriate posizionate ai bordi della pista sono state sostituite da migliaia
di manine speranzose di accarezzare quei musi arruffati, per lo più rimaste
insoddisfatte. Il sedere dei fantini posto sul dorso dei ciuchi ha ridato avvio
a grida di sostegno e di incitamento, a cui è seguito l’inizio della gara.
Bene. Si parte. Tutti pronti. Via. Somaro A supera somaro B? Spintoni,
velocità, tensione, testa a testa? Bé no, dimenticate il Palio di Siena, le
corse dei cavalli ma anche quella delle lumache: qui al via non si è mosso
nulla, un fermo immagine durato a lungo. A questo punto il tifo dagli spalti è letteralmente
esploso, e i fantini hanno cercato di prodigarsi come meglio potevano. Chi ha
abbracciato il somaro al collo, chi gli ha accarezzato la barbetta, chi si è
posizionato sul sedere e ancora un po’ più in là, chi gli ha tirato vigorose
sculacciate, chi gli saltellava sul dorso a mò di stantuffo: insomma, per un
giorno a cascare non sono stati gli asini, ma i fantini. Alla fine ha vinto
Villa Furesta con un’asinella quieta e gentile che, malgrado un inizio in
retromarcia, è stata l’unica a completare i cinque giri richiesti. Con questo Villa
Furesta si è portata a casa anche la coppa della trentunesima
edizione dei giochi: dunque arrivederci all’anno prossimo.
Grazie Lady Mendrisiotto! La tua intervista di qualche giorno fa é stata di buon auspicio! Dario Engeler (Vila Furesta)
RispondiEliminaGrazie a te per la disponibilità :-)! Un caro saluto
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