martedì 23 luglio 2013

Il rumore della pioggia



Ieri a un certo punto il Mendrisiotto si è acceso. Il cielo ha cominciato a lampeggiare come nemmeno nelle migliori discoteche anni ’70, e questo è bastato a zittire il mondo: tutti fermi ad aspettare, forse anche il sogno di una vita. Ma per poco, poi tutto è cominciato. Prima è arrivato il vento, quel vento circolatorio che brandisce un albero dal basso, gli si stringe attorno e poi lo rilascia andare; un po’ come accade alle setole delle spazzole per pulire le bottiglie: prima si stringono, poi salgono, e infine scoppiano fuori. E così è accaduto: tutto è scoppiato fuori. 

La pioggia è arrivata con il suo solito fare sornione. Prima con dei pic lievi sulle foglie dell’acero, poi con dei toc più secchi su quelle del fico e gli inevitabili tuf sull’erba. I vellutati spuf delle rose sono quasi subito stati sopraffatti dai tic provenienti dal tetto in lamiera del vicino, a cui rispondevano i tuc tuc delle tegole, intercalati dai sonori teng della grondaia. E tutto ha cominciato a risuonare: il tavolino in metallo del giardino, la siepe, il corbezzolo, i pini centenari, l’asfalto, la panchina in legno e il telone del grill. Ma mancava ancora una cosa. Allora ho allungato un piede, poi l’altro, un braccio e infine io: per sentire che rumore avrebbe fatto sulla pelle. 

Ebbene, non ne fa. Nulla. Niente tic, toc, o spaf. Solo silenzio. Muta. Zero decibel. Ma c’è un perché. La pioggia a contatto con l’essere umano non emana alcun rumore, perché li attutisce. I pensieri si quietano, le emozioni scorrono via e le tensioni si sciolgono; e a quel punto il silenzio ti accorgi di averlo dentro. In pratica la pioggia fa in modo che tu possa raggiungere la condizione giusta per ascoltare non solo i rumori emessi da ogni goccia, ma la sinfonia totale della natura. Meravigliosa come sempre, con continui applausi a scena aperta.


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